Ritornare

Ritornare. Dopo una reimmersione nella “terra delle origini”, nella nostra “terra madre” che è l’Eremo di Lecceto. Questo vetusto e austero monastero conserva la memoria non solo dei frati agostiniani che con la loro vita santa, secoli fa, ne percorsero i corridoi e ne riempirono gli spazi con la sonorità orante dei loro canti.

Lecceto custodisce anche la memoria del nostro “primo amore”: ci ha visto affacciarci, con la richiesta audace e condita di giovanile timidezza, di conoscere più da vicino la vita delle monache che ora lo abitano, attratte da questo stile di vita “altro” dai consueti cliché; attratte e pure un po’ incuriosite dalla loro “gioialità”, dalla loro pacata e serena gioia, tanto distante dalle nostre giovanili inquietudini e insoddisfazioni nonostante il “tutto” che avevamo a portata di mano.

E’ qui che  è stato educato e fatto crescere il nostro amore a Cristo, alla Chiesa, alle Sorelle e alla gente. Qui, lo spazio dove abbiamo imparato a vivere con responsabilità quel “sì, lo voglio” pronunciato in maniera definitiva e irrevocabile nel giorno della nostra Professione definitiva. Qui, dove abbiamo appreso il gusto di saper rinunciare alle nostre cose personali, per preferire il gusto, migliore, delle cose di Dio e quello, altrettanto saporoso, dei progetti pensati insieme, più che ciascuna per suo conto, e delle priorità dettate dal Vangelo, anziché dalla propria testa.

Il Papa durante la scorsa GMG a Cracovia metteva in guardia i giovani dalla “divano-felicità”. E la prima sconcertante scoperta, per ciascuna di noi, è stata che in monastero…. non esistono divani. Ma si è felici lo stesso; anzi: di più.

La zona in cui sorge Lecceto, denominata la “montagnola di Siena”,  sa di austerità e di essenzialità; trasuda, sì, pace, ma una pace raggiunta dopo lotte e fatiche: la lotta che si combatte nel cuore, per lasciare che il proprio spazio interiore venga tutto occupato dalla presenza liberatrice e dalla parola luminosa dell’umile Gesù. Luoghi abitati, secoli e secoli fa, da un pugno di uomini che scelsero di dimorare nelle grotte di tufo di cui la zona è ricca, per essere così meglio in ascolto della voce di Dio, che “parla nel gran silenzio del cuore” (S. Agostino).

Uomini dal carattere forse asciutto e perfino burbero, modellato dalle selve che li ospitava, ma capaci di ascolto pazientissimo e di dolcissima accoglienza di chiunque li raggiungesse e li scovasse, da quelle grotte così recondite.

A Lecceto si conserva, una delle poche opere pittoriche scampate alle razzie napoleoniche, una tavola, denominata “L’albero dei Beati”: vi sono raffigurati, come da tanti rami frondosi che partono dalla Croce su cui è appeso Cristo, i volti dei frati agostiniani che lungo il corso dei secoli vissero a Lecceto lasciandovi un piccolo solco di luce: la memoria della loro vita trasformata dalla consuetudine con la Parola di Dio, dall’Eucaristia e dall’altro sacramento, la fraternità, vero e proprio sacramento di umanizzazione ed elevazione dell’umano.

Quando si entra in un ambiente nuovo, ciò che colpisce sono, oltre agli spazi, i discorsi che si sentono circolare da chi lo abita; ciò che per molte di noi costituì motivo di vera attrattiva del cuore fu sentir parlare di una santità comunitaria: una santità, cioè, coltivata non da “navigatori solitari” o singole, ma da sorelle che insieme camminano lungo la via della santità, aiutandosi in questo con tutti gli “strumenti” che ad essa conducono: il perdono, la carità e l’amicizia, l’apporto di tutte alle cose di tutte, il “fare sinergia” attorno alla passione per contagiare gli altri della gioia trasformante del Vangelo.

Ora che siamo rientrate a Rossano desideriamo dare spazio qui a questo sogno di santità comunitaria. Affinché, con l’aiuto di Dio e per sua grazia, diventi realtà.

 Alcune vedute di Lecceto

La chiesa (esterno)

 

Ingresso

Chiostro del Cinquecento

La torre che svetta sul chiostro del Cinquecento

Il monastero visto dall’orto

 

Vedute del chiostro interno o “del silenzio”, e del campanile della chiesa

 

Una delle grotte, anticamente abitate dai frati agostiniani e ancor oggi visitabili nei pressi dell’Eremo

 

 

Un’alba a Lecceto

Per saperne di più sulla Comunità fondatrice, clicca qui:    http://www.agostinianeeremolecceto.it

 

Commento

  1. silvana dice

    E’ doloroso lasciare la casa in cui si è cresciuti;ma quando bisogna andare, si va! Ritornare e’sempre bello quando si è lasciato qualcosa per cui vale la pena ritornare e quando sai che c’è qualcuno ad aspettarti. Io vi aspetto sempre quando partite;ma…mi piace di più quando ritornate.

Invia commento

Prenota il tuo posto