16 maggio, Santi Alipio e Possidio, amici di S. Agostino
Chi trova un amico trova un tesoro.
Confluita nel florilegio dei detti popolari, forse non tutti ricordano che questa massima fa parte del testo ispirato: «Un amico fedele è rifugio sicuro: chi lo trova, trova un tesoro» (Siracide 6, 14).
E la Scrittura racconta episodi concreti, pregnanti e vivaci di questi tesori trovati; uno fra tutti è quello di Davide e di Gionata (1 Samuele 18, 1-4).
Amicizia: parola stupenda che rievoca nel nostro cuore una gamma variegata di sentimenti, che riporta davanti ai nostri occhi volti concreti ed esperienze vissute.
Amici del cuore, amici d’infanzia, amici della prima ora… Chi di noi non ha conosciuto queste espressioni così care al cuore dell’uomo? Esse narrano il nostro essere fatti per camminare insieme e sostenerci reciprocamente, per condividere non solo le passioni in comune ma per scambiarci aiuto, comprensione, valori, ideali, gioie e fatiche, salutari rimproveri e sinceri incoraggiamenti.
Che bello poter trascorrere almeno qualche istante del nostro tempo passando in rassegna quelli che sono stati e che continuano ad essere presenze luminose nel cammino della nostra vita.
Eppure parlare di amicizia significa entrare anche in un terreno minato dalla possibilità di fraintendimenti ed approcci superficiali. Siccome la parola suscita immediatamente un clima di intimità e conforto, spesso la si può usare indiscriminatamente, con tono quasi accattivante, per indicare anche quello che di fatto amicizia non è.
L’amicizia infatti è anch’essa cammino in salita; non è una lista di nomi da collezionare, magari a margine del nostro browser; non è un semplice ripiego alle nostre solitudini, in parte generate dallo zoom intensivo sulle situazioni che facilmente ed impulsivamente etichettiamo come “problemi”; non è un riempitivo, un calmante, un cerotto su ferite incurabili.
Lo ripetiamo: amicizia è una strada in salita che chiede coinvolgimento, crescita, maturazione, responsabilità.
Anzi, è tutto questo e infinitamente di più se pensiamo che Gesù, nel momento più intimo e fraterno vissuto con i suoi discepoli, al tavolo dell’Ultima cena, è arrivato a chiamarci “amici” (Gv 15, 15).
Perciò anche l’amicizia che nasce dalla scintilla umana di simpatie ed empatie, di interessi condivisi, di argomenti in comune, dunque dall’ampia piattaforma del nostro sentire umano, necessita di un salto di qualità senza il quale essa non può sbocciare ed arrivare a pienezza.
Agostino l’aveva capito e maturato nel suo cammino di conversione, nel rapporto con i suoi amici, nella sua esperienza di comunità: «Non c’è vera amicizia, se non quando l’annodi Tu fra persone a Te strette col vincolo dell’amore diffuso nei nostri cuori ad opera dello Spirito Santo che ci fu dato» (Confessioni 4,4,7).
Lo sapevano bene anche Alipio e Possidio (nomi insoliti ai nostri giorni!): entrambi vescovi, il primo condivise con Agostino gli errori della gioventù, la conversione, la vita religiosa, le fatiche dell’apostolato; il secondo, autore della prima biografia di Agostino, gli fu amico per circa quarant’anni.
Amicizia in pieno! Amici santi! Così infatti sono venerati dalla Chiesa e dalla Famiglia agostiniana che il 16 maggio celebra la loro memoria liturgica. A ragione qualcuno afferma che in questo giorno potrebbe essere istituita la festa agostiniana degli amici!
Un leit motiv, quello dell’amicizia, che solca le centinaia di pagine dell’Opera omnia di Agostino, non come lettera morta, ma come parola vibrante di vita: «Ama l’amico di amore sincero colui che ama Dio nell’amico, o in quanto Dio è nell’amico o perché Dio sia nell’amico. Ecco l’affetto autentico; se il nostro amore tende ad altro fine, è un odiare il nostro, più che un amore» (Discorso 336,2).
Ecco perché Agostino desiderava che l’amicizia a queste altitudini caratterizzasse le sue comunità. Nello spicciolo quotidiano tutto questo assume forme e declinazioni differenti, e si compone di quegli ingredienti validi per ogni relazione: tanto rispetto, tanto ascolto, tanta gratuità, tanto disinteresse, tanto perdono da ricevere e da dare, sensibilità da affinare, schiettezza che non schiaccia ma che “ri-prende” e aiuta a rimettersi in pista, e soprattutto ospitalità del cuore per accettarci come siamo e, da lì, stringerci insieme alla mano di Colui che ha dato la vita per i suoi amici, dimostrandoci così l’amore più grande.
Dare la vita: è un’affermazione che ha bisogno di essere sbriciolata minuto per minuto altrimenti rischia di rimanere appannaggio delle grandi occasioni. C’è una chiave che riapre le serrature arrugginite delle nostre amicizie “difficili”: la preghiera per l’amico che ci pesa. Imparare a guardarlo come Gesù guardava “i casi disperati” che incontrava, scuotendo il loro cuore perché si accorgessero e credessero alla Speranza che stava davanti a loro.
Il 16 maggio potremmo farci vivi con i nostri amici salutandoli con un’espressione tanto cara ad Agostino: Deo gratias!
Ringrazio Dio per te, ringrazio Dio in te!
Non lasciamo che la nostra amicizia rimanga sulla soglia di casa ma proiettiamola là dove trae forza e fondamento!
Commenti(4)
d. Rocco Scaturhio dice
15 Maggio 2017 alle 21:49Grazie sorelle è bello leggervi e pregare perché il Signore vi sostenga. fate anche voi così per noi. grazie d. Rocco
Sr. Marta dice
16 Maggio 2017 alle 9:34Grazie a Dio di voi, amiche care! E’ dal 2000 che spero che venga istituita la Festa degli Amici Agostiniani. Speriamo che il vostro contributo dia una spinta…
Carmelina Graziano dice
16 Maggio 2017 alle 10:49Ringrazio Dio perchè ci siete, sempre pronte a chiarire i nostri dubbi, a farci vedere ogni cosa con gli occhi di Dio. Nei momenti bui siete la lampada ai nostri passi.
Sr Tessie Bezzina dice
17 Maggio 2017 alle 11:38Grazie per questo pensiero. Ricco e vale la pena condividerlo e goderlo in comunità!