Su chi di noi la parola tesoro non esercita una qualche attrattiva?
Il tesoro è preziosità, valore, meraviglia, garanzia…
Così dev’essere stato per il giovane Antonio, ventenne del terzo secolo, quando entrò dove si celebrava l’Eucaristia e immediatamente si sentì colpito nel segno da quel «Vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!» (Mt 19, 21).
E Antonio scelse la via al tesoro, la via del tesoro, dando un prezzo ai propri averi, vendendo le proprietà ereditate, consegnando tutto ai poveri per incamminarsi nel deserto e imparare a diventare, egli stesso, un povero, mendicante di Dio.
Sì, perché quel tesoro promesso lassù nei cieli è da scoprire quaggiù, nel fondo del proprio cuore, liberato da ogni possesso, da ogni garanzia, da ogni formula assicurativa interiore che forse ci mantiene a galla, ci assicura il quotidiano, ma non ci regala la gioia di trovare il tesoro in fondo ai nostri strati desertici “dove siamo comunque siamo” (cf Agostino, Confessioni, 10,3,4).
Antonio è stato un grande! Uno di quelli che lasciano tutto perché vogliono tutto.
E così anche lui ha dovuto scoprire che quel primo vendere tutto era soltanto lo step iniziale di un cammino che inevitabilmente costa fatica.
Dopo il primo passo generoso ed energico di chi comincia a seguire senza finte, di chi si lancia con entusiasmo senza troppi se e ma (e sarebbe già molto!), arriva l’ora in cui è necessario addentrarsi nel deserto per scoprire quel che c’è nel cuore, per riconoscere altri beni da vendere e ritrovarsi, magari, ribelli della seconda ora, capaci di appropriarsi anche dell’invisibile o di presunti guadagni spirituali, o che nella stanza segreta collezionano trofei di ostentate “virtù” e medaglie di orgoglio.
Antonio, padre dei monaci, ha giocato la partita più dura nel segreto, stanando dalle caverne dell’anima gli animali predatori e minacciosi. Questa battaglia per la povertà autentica non si può combattere da soli: è una lotta che il Povero, quello che chiama a seguirlo, porta avanti in noi, con noi e per noi.
Allora all’orizzonte si comincia ad intravvedere un mare di libertà perché la Parola del Povero è diventata la nostra parola, la Vita del Povero è diventata la nostra vita; allora inaspettatamente ci si può ritrovare, come per Antonio, in compagnia di altri che, riconoscendo la scia dello Spirito e il “profumo” che emana, scelgono di intraprendere la stessa strada.
Antonio è stato per molti un’indicazione preziosa nella mappa del tesoro.
Quando è morto (356), Agostino era un piccolino di due anni; trent’anni dopo sentirà parlare di Antonio per la prima volta, e ascolterà il racconto di come altri, leggendo la vita del monaco egiziano, abbiano deciso di abbracciare la stessa vita. L’esempio di Antonio è stato perciò una leva potente sull’inquietudine di Agostino, orientandone il flusso.
Siamo fatti così: spesso smarriti, forse, incapaci di decidere, bisognosi di mille spinte dello Spirito, tante quante non possiamo nemmeno immaginare, ma le nostre antenne si alzano quando la nostra sete di radicalità è risvegliata dall’esempio di scelte radicali, senza fronzoli, fino in fondo, fino alla cima, tout court, Vangelo sine glossa!
Che bello sapere e sperimentare che le vite dei santi, martiri, monaci, madri e padri di famiglia eroici nel quotidiano, sacerdoti dal cuore immenso, giovani sapienti, bambini audaci, anziani con lo slancio dei bambini, … vengono a scuoterci e a buttarci già dai castelli delle nostre mediocrità o dai letti a castello della nostra fede sonnecchiante!
Grazie Antonio, per la tua vita di preghiera e per la preghiera che è stata la tua vita! È arrivata fino a noi, attraversando secoli di storia e agendo sulla storia.
Aiutaci a non perdere di vista la Via del tesoro!
Tebaide – Beato Angelico
17 gennaio – Sant’Antonio, abate – insigne padre del monachesimo, nacque circa nel 250. Dopo la morte dei genitori distribuì i suoi averi ai poveri, si ritirò nel deserto e lì cominciò la sua vita di penitente. Ebbe molti discepoli e molto lavorò per la Chiesa sostenendo i martiri nella persecuzione di Diocleziano e aiutando Sant’Atanasio nella lotta contro gli ariani. Morì nel 356.
Commenti(2)
Monica dice
17 Gennaio 2019 alle 20:42La festa di sant’Antonio Abate mi da sempre emozione
Giuseppe dice
17 Gennaio 2019 alle 21:56Grazie, care sorelle, per il commento a questa festa che vi rappresenta e che rendete sempre attuale con la vostra vita.
Qualcuno (Don Ernesto Pepato) dice che monaco deriva da due parole greche “monos” (uno, solo) e “achos” (dolore)… essere uno con il dolore!
Allora è più facile comprendere l’attualità della vostra scelta di vita ed il vostro invito a portarla nel nostro quotidiano per dare un aiuto al grido di dolore che nasce da ogni dove in questo mondo sempre più saturo di guerre di ogni tipo… armi sempre più sofisticate, commercio di essere umani, infanzia tradita ~ solo per citare alcune sfumature.
Giovanni Pascoli, anche lui monaco a modo suo… uno con il dolore per l’uccisione del padre Ruggero, così ci invita:
“Uomini, pace! Nella prona terra
troppo è il mistero; e solo chi procaccia
d’aver fratelli in suo timor, non erra.”
Pace… Pace…. Vi lascio la pace, vi dò la mia pace… così il Monaco per eccellenza ci aiuti a crescere nel deserto di questo mondo moderno sempre più povero di verità, giustizia, amore e libertà!
Buona festa di Sant’Antonio.