“Sotto la neve, pane”.
Così recitava l’antico adagio, estrema sintesi di una sapienza contadina che sapeva osservare e imparare a leggere i fenomeni naturali con sguardo attento e pratico.
È anche vero che se la neve cade fuori stagione può significare tutto il contrario e ridurre a zero la speranza del raccolto.
Mentre siamo nuovamente sotto la morsa del freddo e dalle nostre finestre vediamo fioccare la neve, un pensiero ci attraversa: chi semina non sa quello che succederà al seme sotto terra.
Arriveranno le gelate? Una neve tardiva brucerà i germogli? Insomma, cosa dovrà affrontare il seme nel suo sviluppo?
E, ancora prima, la semina stessa è un esercizio di speranza e di fiducia, uno spreco a fronte di un utilizzo immediato, di un bisogno immediatamente soddisfatto…
Chi semina gioca in perdita nel breve periodo e non ha che la speranza e l’attesa del futuro; si aggrappa fiducioso aprendo mani e braccia con gesti ampi e generosi, ricordando che chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà.
Si semina d’inverno, spesso con il vento contrario che rallenta il passo e impedisce la vista.
Alla semina si accompagna il pianto della fatica, che fa scattare dentro il senso del limite: perdere e consegnare alla terra quella manciata di vita che tenevamo stretta tra le mani.
E perdere ci fa male, sempre; eppure è proprio credere e fidarsi dentro a questa perdita che porta alla vittoria.
Scrutiamo dentro le nostre vite e proviamo a passare in rassegna i nostri tempi di semina, quelli in cui desideravamo vederci dispensati dai tempi lunghi di attesa, quelli in cui dovevamo studiare per l’esame più tosto all’università, quelli in cui il lavoro scricchiolava e bisognava imboccare strade nuove, quelli in cui ci sembrava che la nostra vita fosse in standby, che non accadesse niente di veramente nuovo e decisivo; oppure quelli in cui ci sembrava di non riuscire a scollinare gli alti e bassi dei nostri 16 anni e a diventare grandi, o quelli in cui sembrava che niente maturasse attorno a noi ma soprattutto dentro di noi, nei nostri figli, nelle persone per le quali ci eravamo spesi.
Veramente li possiamo chiamare “tempi biblici”, tempi di attesa, tempi di lavoro silenzioso e nascosto, al netto di tanti abbellimenti, …tempi di pesanti allenamenti prima delle partite importanti, tempi di incomprensioni, tempi di crescita, in cui vivere bene l’oggi, il presente, il minuto e il secondo, senza pensare troppo al raccolto ma custodendone il desiderio con semplicità di cuore, senza pretese.
Siamo a Rossano da quasi dieci anni e quante volte personalmente e comunitariamente ci siamo sentite ricoperte da una coltre di neve! Quante volte anche noi abbiamo dovuto vincere la resistenza di gettare abbondantemente semi di speranza proprio quando arrivavano tempeste di sfiducia e il cielo era coperto di nuvole grigie! I tempi della semina sono quelli della pazienza, dell’investimento ad alto rischio, …quelli in cui ci metti la tua vita.
Gesù ha attraversato il campo della nostra umanità con tutti i venti contrari. Ha sperimentato l’assurdo oscillare della folla tra l’acclamazione osannante e quella crocifiggente; ha vissuto la più stretta intimità con gli amici e il tradimento degli stessi; ha sperimentato su di sé la gioia dell’accoglienza e il dolore del rifiuto ma non si è mai fermato e ha gettato se stesso come seme, rimanendo “sotto la neve” e, aggrappato all’amore del Padre, ha messo nelle sue mani anche il futuro raccolto.
Seminiamo anche noi!
Seminiamo quello che ancora non c’è, e che forse ci aspetteremmo di ricevere prima dagli altri.
Sopportiamo senza paura e senza scoraggiamenti il freddo tempo della semina e scopriremo quanto è prezioso questo tempo che scava già nel cuore la gioia e la libertà per contemplare, grati e meravigliati, il prossimo raccolto.
Non stanchiamoci di operare. Seminiamo tra le lacrime, cioè con fatica e dolore. … D’inverno si semina con fatica. Ma l’asprezza dell’inverno non ha mai distolto il contadino dal gettare nella terra il frutto selezionato con tanta fatica. Egli procede e getta in terra il seme che aveva raccolto dalla terra, che dalla terra era stato selezionato. Non si arresta, lo getta in terra, tremando di freddo, ma sollecito. Perché sollecito nonostante il freddo? Scuotono la pigrizia fede e speranza. Non vede certo la messe ma ha fede che spunterà. Non raccoglie già ora i frutti ma spera di raccoglierli; e si rianima con questa fede, con questa speranza, così che sopportando il grande disagio del freddo, butta il seme nella terra ed è sicuro di poter raccogliere con l’aiuto di Dio frutti abbondanti secondo il suo lavoro e la sua fatica.
Sant’Agostino, Discorso 358/A 2
(Foto: Neve a Piana Vernile, 10 gennaio 2019)
Commenti(9)
Giovanni Leone dice
10 Gennaio 2019 alle 16:34Che coincidenza, Sorelle. Avevo appena scritto due minuti fa ad un’amica, che “sarà il Signore a decidere”, noi abbiamo dato disponibilità. Abbiamo seminato con la poesia, le uscite didattiche, anche lassù da voi, ricordate? Ora aspettiamo, aspettiamo Lui.
Francesca dice
10 Gennaio 2019 alle 16:50Le vostre parole oggi per me sono state importanti. Vi penso con affetto ed il pensiero di voi mi dà serenità e fiducia.
Laura dice
10 Gennaio 2019 alle 16:57Grazie Sorelle queste parole mi sono di conforto e di sprone perché anche se qui a Milano il cielo è terso per il vento freddo dell’inverno il mio animo è proprio come il seme sotto la neve….a cui ora è giunto il tepore della speranza.
Anna Maria Cucci dice
10 Gennaio 2019 alle 17:13Care Sorelle,vedo le bellissime foto del vostro convento sotto la morsa del freddo ma sento anche il calore delle vostre Lodi che partendo dal cuore riscaldano tutto l’essere con l’Amore di Dio.
Vi penso sempre e mi dovete perdonare se ancora non ho tenuto fede al mio impegno
Vi chiamerò al più presto
Giulia dice
10 Gennaio 2019 alle 18:38Grazie sorelle. La certezza delle vostre preghiere ci fa sperare in un buon raccolto.
Giuseppe dice
10 Gennaio 2019 alle 19:51“Signor, non sotto l’ombra in piaggia molle
Tra fonti e fior, tra Ninfe e tra Sirene;
Ma in cima all’erto e faticoso colle
Della virtù riposto è il nostro bene.
Chi non gela, e non suda, e non s’estolle
Dalle vie del piacer, là non perviene.”
… Così Torquato Tasso nella Gerusalemme Liberata. Sì, come voi ben sottolineate, siamo noi il seme sotto la neve, quella neve che si chiama Croce, convinti come siamo che “per crucem ad lucem” ed è questa la nostra pace nella pienezza della gioia che solo Gesù può dare, come Mamma Maria insegna.
Grazie.
Monica dice
10 Gennaio 2019 alle 20:27Che stupore di fronte a tanta bellezza di paesaggi innevati se ne avete altre inviatemele un abbraccio e attente al ghiaccio 🤗😘❄️⛄️
Giuseppe Maringolo dice
11 Gennaio 2019 alle 8:58Buongiorno sorelle in Gesù….dono per noi umili pellegrini sulla terra:con le vostre risonanze raccolgo l’invito alla riflessione e penso a quelle persone che nonostante il tempo sereno (a differenza del seme)non accettano il farsi toccare dal nostro Signore Gesù per poter ricevere la grazia di dare il germoglio che in ognuno di noi è nascosto e che stenta a fruttificare per un mondo migliore….un mondo di PACE SERENITÀ e SPERANZA.
Dio vi benedica
Assunta dice
11 Gennaio 2019 alle 14:34Le foto sono un inno alla vita…la rosa rossa e’ il cuore che continua incessantemente il suo battito….la neva rende tutti i dolori più soffici e gentili….come gentili e toccanti sono le vostre parole che arrivano dritte all’animo e lo colmano di gratitudine….grazie siete un dono!