Entriamo nella settimana degli esami di maturità: prove scritte, interrogazioni e voti finali. Qualche giorno fa abbiamo ricevuto una simpatica condivisione da una classe di maturandi: hanno fatto decorare una torta con la scritta: “sappiamo di non sapere; un 60 per piacere”. Questione di prospettive: fino a qualche tempo fa il 60 indicava il massimo; oggi, il minimo per “passare”.
La sufficienza pare sempre un giudizio un po’ mediocre: strappare la sufficienza; arrivare a malapena alla sufficienza; aggirarsi intorno alla sufficienza… tutte espressioni che indicano quel restare a galla, così così, senza particolari sussulti di bravura o di impegno.
In realtà, indagando nell’etimologia si scopre che questa parola ha a che fare con lo scavare in profondità fino a porre le fondamenta; insomma: la sufficienza indica il reggersi in piedi grazie a fondamenta solide. E queste offrono la capacità di elevarsi oltre se stessi. Altro che restare a galla così così.
Sufficienza dice, ancora, quell’essere contenti di ciò che si ha, lì dove ci si trova: anche se fosse poco, quel poco è considerato con apprezzamento; come qualcosa di valore.
Ci potremmo allora domandare: che cosa, oggi, costituisce la mia “sufficienza”? Il mio stare in piedi, su cosa poggia? Quale certezza, quale forza?
Oggi la Chiesa ci dona di meditare su un brano autobiografico di san Paolo, l’apostolo chiamato a missioni esposte a pericoli e contrarietà di ogni tipo: «In ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni» (2Cor 6, 4-5).
Eppure, il segreto di quest’uomo così innamorato dell’umile Gesù da non curarsi più di sé, è tutto racchiuso in un’espressione formidabile: «La nostra capacità viene da Dio» (2Cor 3, 5), ancora più bella in latino: Sufficientia nostra ex Deo.
Signore,
se siamo capaci di qualcosa di buono
è solo grazie a Te,
che sei il fondamento interiore e sicuro delle nostre vite.
È solo da Te la forza che non ci fa retrocedere di fronte alle difficoltà
né ripiegare su noi stessi
ma ci rende estroversi nonostante la nostra debolezza,
slanciàti in avanti con fiducia.
Insegnaci la sapienza della vera sufficienza,
quell’umile essere contenti
lì dove siamo
con ciò che abbiamo
perché sei Tu a sostenerci
e in Te nulla ci manca.
Commenti(2)
Andrea Gaglia dice
19 Giugno 2023 alle 21:07Come al solito ogni lunedì mi insegnate qualcosa, e date motivo di profonde riflessioni. Grazie sorelle.
Giuseppe dice
24 Giugno 2023 alle 13:02“Undi u picca basta, u cchiù suverchia!” Dove il poco basta, ciò che è di più non serve (avanza).
Questo proverbio calabrese è una delle regole guida che mio padre mi ha insegnato fin da bambino: ottenere il massimo con ciò che è l’essenziale, il sufficiente per raggiungere l’obiettivo che di volta in volta voglio raggiungere.
Davvero degno di meditazione è il vostro quesito: “. . . che cosa, oggi, costituisce la mia “sufficienza”? In altri termini “qual è il mio di più”? Tante le risposte possibili, ma preferisco affidare un commento a due righe di Don Primo Mazzolari:
“Pare una parola da niente il di più e contiene e risolve la questione sociale che tanto ci affanna. È difficile far capire a chi ha di più che egli usurpa il diritto di Dio nelle sue creature e cancella l’amore che presiede alla creazione: ma chi dice di amare Dio che non vede e poi chiude il suo cuore al fratello che vede, è un menzognero, cioè un falso cristiano.
Dove c’è nessun amore, il di più non c’è: dove c’è poco amore, il di più è sempre scarso: dove c’è tanto amore, tutto è di più, anche la propria vita.”