Il piazzamento del secondo reca sempre con sé qualcosa di difettoso, almeno all’apparenza: un primo non riuscito; un vincitore mancato; un protagonista sfortunato. Chi arriva secondo al palio di Siena riceve motteggi e sbeffeggi peggio che l’ultimo classificato. Così malati di competitività come siamo, posizionarci secondi rispetto a qualcun altro ci pare somma sciagura.
Eppure, esistono ancora, e per fortuna, persone che sanno occupare la postazione del secondo come una vera e propria vocazione.
Secondità: un neologismo suggerito dalla presenza di tali persone. Il loro operato si dispiega silenzioso e discreto, fatto di gesti più che di proclami; di silenzi pensosi e parole pesate; di consigli opportuni e calibrati. La loro presenza è un dito puntato sull’essenziale; col loro semplice esserci, accanto a noi, ci fanno da argine; ci preservano dalle derive del troppo, dal delirio del volere tutto, dalle esagerazioni che fanno perdere di vista ciò che veramente conta.
La secondità sta nel profumo del sugo sul fuoco, quando si rincasa dopo una giornata di fatiche e siamo attesi così, con questa carezza di ristoro;
sta nelle voci che si cercano per elevare insieme la lode, attente a non sopravanzarsi a vicenda;
sta nell’ascolto che accoglie, paziente e mite.
È materna, è feconda; non cerca se stessa, perché semplicemente ha capito di non aver più bisogno di preoccuparsi di sé, chi è, cosa vuole, dove va: ha trovato, e perciò si muove, libera e regina fra le pentole così come fra gli spazi di una cappella.
Tra le persone che sono state significative nella vicenda di Agostino, un uomo merita una menzione particolare, per aver esercitato una importantissima secondità verso di lui: il presbitero Simpliciano. Un anziano prete, già maestro del Vescovo Ambrogio. A lui si rivolge Agostino trentenne, in piena crisi durante i suoi anni milanesi: Simpliciano fu disposto ad ascoltarlo, per ore e ore, non considerando tempo perso quello dedicato al giovane colto, inquieto e dalle domande difficili (cf Confessioni, 8,2,3 ss). A distanza di anni, Agostino ricordava ancora la forza decisiva delle parole di quell’anziano prete.
La secondità possiede una forza di cui solo i miti sono capaci.
Commenti(2)
Vanna dice
18 Settembre 2023 alle 16:50Ogni volta ricevendo “Le parole del lunedì” mi stupisco della profondità e della ricchezza della riflessione ed anche mi diverto. Un sincero , affettuoso grazie
Giuseppe dice
23 Settembre 2023 alle 20:33Carissime Sorelle, questa volta avete reso un bel commento a una parola davvero impegnativa “Secondità”.
Vorrei agganciarmi al vostro carro per ampliare lo spettro d’azione di questo neologismo andando oltre il significato di “secondo” come aggettivo o pronome numerale, indirizzando l’attenzione a quando “secondo” viene utilizzato come preposizione impropria per introdurre un complemento di limitazione.
Nell’analisi logica, il complemento di limitazione indica entro quali limiti o in quale ambito è valido ciò che la frase afferma.
La nostra Maestra, per questo esercizio grammaticale, è proprio la nostra più cara amica, Mamma Maria, che inizia la storia della salvezza proprio utilizzando un complemento di limitazione: “Avvenga per me SECONDO la tua parola.” Secondo la tua parola, cioè COME tu hai detto!
E Gesù, il Maestro, non può essere da meno in questa grammatica del vivere cristiano: alla Cananea dirà “avvenga per te COME desideri (Mt 15,28)” ed al Centurione dirà “avvenga per te COME hai creduto (Mt 8,13).
Vivere SECONDO l’insegnamento del Maestro ha un solo limite: “…chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste…” (Gv 14,12).