Siamo mobili, iperdinamici, in continuo movimento, eppure qualcosa in noi ci avvicina agli alberi: il bisogno di radicarci, di avere stabilità. Il sogno di un emigrato, ci raccontano gli amici calabresi, è che i sacrifici di un lavoro all’estero portino a mettere da parte un gruzzoletto per tornare nel proprio paese e qui costruirsi una casa, assicurarsi un pezzetto di terra in cui vivere con serenità.
La terra in cui siamo nati ce la portiamo dentro. Poi, potremo anche raggiungere terre migliori e più belle, ma la terra madre rimane insostituibile. Di più: ci trasmette una storia: quella dei nostri padri, delle generazioni prima di noi, dei nostri antenati… il deposito di una cultura, un concentrato di esperienze, vissuti, saggezza.
Assistiamo a processi migratori continui, senza sosta: alcuni volontari, il più delle volte invece costretti: da un clima divenuto ostile, oppure da ostilità fraterne. Proprio la terra che per prima ci ha ospitato, si è obbligati ad abbandonarla. Strappo talmente lacerante da costituire un trauma.
La Bibbia conosce questi sradicamenti, e il travaso di popoli da una terra ad un’altra: vissuti ogni volta carichi di dolore e lacrime: la terra in cui nasciamo è la nostra prima fonte di identità, doverla abbandonare mette in discussione chi siamo.
Siamo il risultato di tante terre: accolte, raggiunte, lasciate. In tensione tra il desiderio di possedere almeno un pezzetto di terra, e la consapevolezza di non poterla trattenere, questa terra, ma anzi di doverla lasciare, prima o poi.
Eppure, restiamo figli di una promessa che viene dall’alto e da lontano: quella di una Terra stabile, duratura, accogliente.
Fra tante scosse, innumerevoli turbamenti, instabilità infinite, Dio non si stanca di dirci: «la tua Terra Promessa sono io!».
Foto: Scorcio di campagna nella pianura padana
Commenti(3)
Franco dice
16 Ottobre 2023 alle 12:47Io sono uno di questi, sdradicato dalla mia Rossano per lavoro (adesso Firenze).
Oggi vorrei ritornare per sempre, ma l’impegno con due nipotini, mi limita a ritorni saltuari.
La mia terra, mi manca e tanto!
Spero di finire i miei giorni nella mia terra rossanese.
Giuseppe dice
16 Ottobre 2023 alle 14:13Parole sante che raccolgono la realtà di una terra la nostra Calabria….che conserva nel tempo la parola RADICI….E SÌ un tempo i nostri padri emigrati per costruire le fondamenta di una casa ed ora i nostri figli che dopo aver studiato vorrebbero donare i propri frutti dello studio al servizio della gente.
Uniti Nella preghiera 🙏 per un mondo migliore.
Cinzia dice
16 Ottobre 2023 alle 16:48Mi ha colpito più di tutto la foto. Chi ci è vissuto lo sa. Non è piatta, ma curva: dallo specchietto retrovisore di un’auto si coglie bene; non è qualunque, è ben connotata ed unica: chi ci è nato lo sa. Ed anche in pianura padana il radicamento è una scommessa, per chi ha fantasia e risorse da investire. Proprio lì, nella terra-madre che lo attende sempre.