Noi non capiremo mai fino in fondo.
Predilezione ci fa pensare a qualcuno, o qualcosa, amato fino al segno di un più rispetto a tutto il resto. Un genitore alimenta la predilezione verso il proprio figlio con attenzioni, premure a dire basta, amore fino a traboccare, e tanto altro ancora. A volte persino troppo.
Questo pensiamo noi, poveri uomini.
Ieri la prima Lettura della Liturgia della Parola (Gio 3, 1-10) ci ha offerto una scena di conversione di massa: Dio manda il profeta Giona a predicare all’immensa città pagana di Ninive, la New York del mondo antico. Tra tutti i profeti biblici, Giona è quello che suscita una punta di antipatia: si ribella, è ostinato, con Dio fa il presuntuoso. Eppure, Dio non si disgusta della sua ottusità. E insiste a mandare proprio lui per questa missione. Risultato: tutto il popolo, dal re all’ultimo schiavo, accoglie l’invito alla penitenza e alla conversione. Un successo strepitoso!
Nella pagina evangelica su cui ieri abbiamo sostato (Mc 1, 16-20), Gesù muove i primi passi della sua missione evangelizzatrice: Giovanni Battista è stato arrestato; tutto inviterebbe alla prudenza, e invece Gesù esce allo scoperto. Il prediletto del Padre inizia la sua missione da una terra periferica, considerata da tutti di serie B: la Galilea. Non si muove raccogliendo attorno a sé masse oceaniche, ma chiamando una persona alla volta. Il suo sguardo di predilezione non si posa su uomini dotati, socialmente rappresentativi, ma su alcuni poveri pescatori analfabeti. Difficile trovare persone più improbabili e meno adatte. Eppure…
Al successo del profeta meschino e gretto si contrappone il muoversi umile, quasi dimesso, del Figlio di Dio. Il Padre così tratta il suo Figlio, il prediletto…
Davvero, Signore, «i tuoi pensieri non sono i nostri pensieri, le tue vie non sono le nostre vie!» (cf Is 55, 8).
In filigrana intravediamo la sapienza della Croce, con la sua logica che sfugge alle nostre categorie.
Signore, Padre buono, donaci di entrare nei sentimenti della tua predilezione verso ciascuno di noi. Il tuo Spirito creatore ci conduca a questa conversione degli affetti, dei pensieri e dell’operare.
Commenti(3)
Isabella dice
22 Gennaio 2024 alle 14:12Ho due sorelle più piccole e ne sono stata gelosa da bambina, ero convinta che i miei genitori amasserro più loro di me. Un giorno arrabbiatissima con mia madre le dissi il mio pensiero. Lei mi disse che non ci sono figli prediletti, i figli sono tutti uguali, solo che a volte ce n’è uno più bisognoso di un’altro e per questo motivo un genitore dà più attenzioni al figlio magari più piccolo oppure ammalato. Tutto qui, è la stessa cosa che fa Dio, ci ama da sempre, come figli prediletti. Signore tu mi hai chiamata per nome, Tu sei con me nelle battaglie di ogni giorno, e se Tu sei con me chi sarà contro di me? Grazie sorelle buona settimana a tutte voi
Nicola Peirce dice
25 Gennaio 2024 alle 9:46Effettivamente Giona ha qualcosa di negativo, e’ il prototipo di tutti noi, sfugge, si nasconde ma il Pastore lo cerca e lo vuole come suo strumento. Al contrario Gesu’ e’ il prototipo di ciò che noi dovremmo essere anzi di ciò che siamo chiamati a diventare: ubbidiente, umile e accogliente.
Buona giornata e un abbraccio a tutte voi anche da Monica.
Nicola
Giuseppe dice
27 Gennaio 2024 alle 16:33“Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni”.
Sappiamo che il Signore non fa preferenza di persone.
Queste parole (Ger 1,5) dunque possono applicarsi a qualunque creatura, perciò ognuno di noi è un PRE/diletto, fatto a Sua immagine, disegnato sulle palme delle Sue mani (Is 49,16), fatto poco meno di un dio (Sal 8,6).
Ma, come Mamma Maria insegna, è il nostro “Eccomi” a mettere in moto le opere che trasformeranno il sogno in realtà, avendo come Stella guida quella Sapienza della Croce da voi “sussurrata”.
“Bontà, comprensione, civiltà, indulgenza, filantropia, carità”, queste le qualità attribuite all’umano erose e cancellate nel corso dei secoli dall’avidità dell’uomo che continua ad alimentare un senso di smarrimento e di inquietudine a tutte le latitudini per gli orrori che opera contro i suoi simili.
Per ritrovare il divino che si annida nell’umano Madre Chiesa ci invita ogni anno a vivere, specie in questo tempo, proprio la sapienza della croce: croce generata dalla malvagità degli uomini e che l’Amore di Dio ha trasformato in strumento di salvezza tramite Gesù.
Occorre farsi “prossimo” tornando alla sapienza del Vangelo come logica del perdere per ritrovare, del morire per risorgere: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.”
Ave crux, spes unica! “Ti salutiamo, croce santa, nostra unica speranza!”