Molto prima di essere usato per la tv o l’informatica, un programma era avviso pubblico, ufficiale e solenne: nell’antica Grecia indicava l’argomento che si doveva discutere nell’adunanza dei cittadini.
Farsi un programma, definire un programma, è un po’ come mettere in ordine i tanti pezzi del vivere, secondo una scala di priorità. Ci sono sempre cose più importanti rispetto ad altre, e il programma ci aiuta a trattenerle, a non farcele rubare dagli inevitabili imprevisti o circostanze.
Per essere davvero efficace, un programma non si preoccupa di essere prescrittivo al massimo, ma traccia grandi linee di fondo: indica i motivi ispiratori e la meta che si intende perseguire.
La Regola che Agostino scrive per le sue comunità monastiche è, in fondo, una sorta di programma, in cui all’inizio è indicata la grande motivazione: «… che viviate unanimi nella casa e abbiate unità di mente e di cuore protesi verso Dio» (Regola, 1.2).
I punti successivi, pochi e brevi, non intendono considerare pervasivamente ogni ambito del vivere, ma piuttosto ispirare criteri di massima perché quel motivo iniziale possa tradursi in vita, incarnarsi nel concreto. Eccone alcuni, fondamentali:
«Non dite di nulla: È mio, ma tutto sia comune fra voi. 1,3
Tutti vivete unanimi e concordi e, in voi, onorate reciprocamente Dio di cui siete fatti tempio. 1,8
Attendete con alacrità alle preghiere nelle ore e nei tempi stabiliti. 2,1
Quando pregate Dio con salmi ed inni, meditate nel cuore ciò che proferite con la voce. 2,3
Nessuno mai lavori per se stesso ma tutti i vostri lavori tendano al bene comune e con maggiore impegno e più fervida alacrità che se ciascuno li facesse per sé. 5,2
…Vi accorgerete di aver tanto più progredito nella perfezione quanto più avrete curato il bene comune anteponendolo al vostro. E così su tutte le cose di cui si serve la passeggera necessità, si eleverà l’unica che permane: la carità. 5.2
Liti non abbiatene mai, o troncatele al più presto; altrimenti l’ira diventa odio e trasforma una paglia in trave e rende l’anima omicida. Così infatti leggete: Chi odia il proprio fratello è un omicida. 6,1
Chiunque avrà offeso un altro con insolenze o maldicenze o anche rinfacciando una colpa, si ricordi di riparare al più presto il suo atto. E a sua volta l’offeso perdoni anche lui senza dispute. In caso di offesa reciproca, anche il perdono dovrà essere reciproco, grazie alle vostre preghiere che quanto più frequenti tanto più dovranno essere sincere». 6,2
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Al termine del Grande Giubileo dell’anno 2000, papa Giovanni Paolo ricordava a tutta la Chiesa che non c’è bisogno di andare alla ricerca di chissà quali nuove strategie, perché il programma ci è già offerto: è Gesù stesso:
«No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi! Non si tratta, allora, di inventare un «nuovo programma». Il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste. È un programma che non cambia col variare dei tempi e delle culture, anche se del tempo e della cultura tiene conto per un dialogo vero e una comunicazione efficace. Questo programma di sempre è il nostro per il terzo millennio» (Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte, 29).
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Papa Benedetto XVI aprì a tutti il suo cuore, all’inizio del suo pontificato, confidando ciò che si prefiggeva come programma: «Cari amici! In questo momento non ho bisogno di presentare un programma di governo. (…) Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia» (Omelia per l’inizio del ministero petrino, 24 aprile 2005).
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San Giovanni XXIII, il papa buono, era solito tenere un diario e delineare un programma di fondo per la sua vita spirituale e il suo ministero: il celebre decalogo “Solo per oggi”:
Solo per oggi cercherò di vivere alla giornata, senza voler risolvere il problema della mia vita tutto in una volta.
Solo per oggi avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà; non alzerò la voce; sarò cortese nei modi; non criticherò nessuno; non pretenderò di migliorare o di disciplinare nessuno tranne me stesso.
Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell’altro mondo, ma anche in questo.
Solo per oggi mi adatterò alle circostanze senza pretendere che le circostanze si adattino tutte ai miei desideri.
Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a qualche lettura buona, ricordando che, come il cibo, è necessario alla vita del corpo, così la buona lettura è necessaria alla vita dell’anima.
Solo per oggi compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.
Solo per oggi farò almeno una cosa che non desidero fare e se mi sentirò offeso nei miei sentimenti, farò in modo che nessuno se ne accorga.
Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò a puntino, ma lo farò. E mi guarderò da due malanni: la fretta e l’indecisione.
Solo per oggi crederò fermamente, nonostante le apparenze contrarie, che la buona Provvidenza di Dio si occupa di me come se nessun altro esistesse al mondo.
Solo per oggi non avrò timori.
In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere alla bontà.
Posso ben fare, per dodici ore, ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare per tutta la vita.
«Basta a ciascun giorno il suo affanno» (Mt. 6,34).
Foto: S. Giovanni XXIII allo scrittoio.
Commenti(2)
Cinzia dice
6 Maggio 2024 alle 21:05Quel “Solo per oggi…” è già tutto un programma…il limite, la fiducia, malgrado tutto in noi stessi, la confidenza in Chi ci accoglie e compensa la nostra temporaneità.
Giuseppe dice
7 Maggio 2024 alle 12:08Care sorelle, con la vostra bella riflessione sulla programmazione mi avete richiamato alla mente la raccomandazione di San Benedetto di non anteporre nulla a Cristo: “Christo nihil omnino praeponere” (LXII,11), a sottolineare le parole di Gesù “senza di me non potete fare niente” (Gv 15,5).
Se dovessi fare un riassunto della vostra meditazione lo farei con questa preghiera:
Ispira le nostre azioni, Signore, e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostra attività abbia sempre da te il suo inizio e in te il suo compimento.
Grazie, sorelle, come sempre!