Un libro è sempre un incontro. Ha dell’imprevedibile, non lascia mai uguali a prima. Ci costringe a mettere a tacere noi stessi, per fare spazio all’interlocutore che viene a noi attraverso la sua scrittura.
Anticamente il libro non era, come oggi, un assemblaggio di pagine, ma un rotolo che veniva lentamente svolto durante la lettura. E così leggere aveva un po’ il senso di un mistero che pian piano, lentamente si disvela, così come il rotolo che poco alla volta viene aperto.
Oggi siamo abituati ai riassunti, alle anteprime, agli estratti narrativi, ai “bignami”. Addirittura, abbiamo la possibilità di scavalcare più pagine per arrivare direttamente in fondo e vedere “come va a finire” la storia, senza la pazienza di seguire la vicenda per intero. Ma così ci perdiamo molto: arriveremo forse a sapere, ma non avremo mosso un passo, saremo rimasti uguali a noi stessi.
Ognuno ha i suoi libri preferiti. Anche Agostino li aveva. Letture che lo segnarono in profondità. Molti anni, tanti libri, alcuni zeppi di errori e falsità, gli furono necessari prima dell’incontro con la verità, propiziato da quella cantilena che Agostino udì ripetere: “Prendi e leggi!” – “Tolle Lege!”. Da lì trovò la forza di prendere il rotolo delle Lettere di S. Paolo, dove la Parola lo attendeva per raggiungerlo e conquistarlo.
Se un libro affascina, conquistarci lo può solo la Parola, quella vera, fatta carne: l’Umile Gesù.
Commento
Eugenio Nastasi dice
3 Settembre 2024 alle 17:57Un libro, quando e’ un buon libro, e’ un mondo aperto alla scoperta, e’ ricco di suggerimenti, e’ un interlocutore attendibile, e se scritto con un personale lessico, insegna anche altre maniere di intendere verità nascoste.
Ma il libro a cui fanno riferimento le nostre Agostiniane, magari, e’ un testo di Sacra Scrittura, una manifestazione della parola che, senza troppi giri di parole, reca semi di verità, porta a riflettere, scalza luoghi comuni per lasciare il segno, aiuta a cambiare rotta per un porto sicuro.