Una vicinanza di suoni che ispira: speranza ha a che fare con spessore…
Protenderci oltre noi stessi, gettare l’ancora della nostra vita al di là dei nostri confini, non è solo questione di slancio in altezza, ma anche di profondità. Restare nei confini di pensieri banali, raspare il terreno di occupazioni poco importanti, fermarci all’alfabeto di discorsi inconsistenti, ci ruba lo spessore. Che è ciò che dà respiro, ampiezza al cuore, dilatazione di sguardo e sentimenti.
Parole di spessore, gesti di spessore, pensieri di spessore: non significa che debbano essere ricercati, né difficili o complessi. Semmai, che siano veri, portatori di significato.
Ma come si fa?
C’è un punto di partenza imprescindibile: il desiderio. Che ti afferra e ti punge, solo che tu abbia il coraggio di fermarti e fare silenzio. Ti punge, come una ferita salutare: hai tutto, eppure avverti una mancanza.
La preghiera è un desiderio: riconosciuto, custodito e portato avanti, tra le alterne vicende della nostra avventura. Un desiderio alimentato di silenzio, di ricerca e anche del coraggio di farsi trovare.
Lo spessore dice di quel dialogo personalissimo e tanto necessario che in fondo ognuno cerca, con la Verità fatta persona: con la persona del Signore.
L’umile Gesù è più intimo a noi della nostra parte più profonda, e dalle profondità del cuore ci chiama, ci ammonisce, ci esorta, ci invita: “Io sono per te!”.
Se la sua dolcezza qualche volta ti ha sfiorato, trattienila con gratitudine. Se ancora non la conosci, invocala: “Vieni! Fatti conoscere, parlami, istruiscimi, conducimi Tu!”.
Lo spessore dà ali alla speranza.
Commento
Giuseppe dice
3 Novembre 2024 alle 12:54Tante volte il desiderio diviene preghiera e la preghiera speranza.
Paul Claudel ce lo ricorda con poche righe in questa sua poesia (La Vergine a mezzogiorno):
E’ mezzogiorno. Vedo la chiesa aperta. Bisogna entrare.
Madre di Gesù Cristo, non vengo a pregare.
Non ho niente da offrire e niente da domandare.
Io vengo soltanto, madre, per guardarvi.
Guardarvi, piangere di felicità, dire questo,
che io sono vostro figlio e che voi siete là.
Solo per un momento mentre tutto si ferma.
Mezzogiorno! Essere con voi, Maria, in questo luogo dove voi siete.
Non dire nulla, guardare il vostro viso,
lasciar cantare il cuore nella sua propria lingua.
Non dire nulla, ma soltanto cantare perché si ha il cuore troppo pieno
come il merlo che segue la sua idea in queste specie di distici improvvisi.
Perché voi siete bella, perché voi siete Immacolata,
la donna nella grazia infine restituita,
la creatura nella sua gioia e nella sua fioritura finale
tale come è nata da Dio nel mattino, dal suo splendore originale.
Intatta ineffabilmente perché voi siete la madre di Gesù Cristo,
che è la verità nelle vostre braccia, e la sola speranza e il solo frutto,
perché voi siete la donna, l’Eden dell’antica tenerezza dimenticata,
il cui sguardo scova il cuore all’improvviso e fa sgorgare le lacrime accumulate. . .
Buona Domenica!