In comunità circolano in quantità abbondante i libri.
Nonostante l’era digitale in corso, che ci dà la possibilità di avere in mano non uno, ma un numero “enne” di libri contemporaneamente, non rinunciamo al fascino del libro “in carne e ossa”, da sfogliare; sottolineare; riprendere e rileggere.
Ogni volta che apriamo un nuovo libro, ci si disvela un mondo.
E proprio questa è la funzione dei libri: aprire mondi al lettore, spingere le sue vedute interiori ad esplorare mondi nuovi, perché ne abbia beneficio non solo il suo apprendimento, ma soprattutto il suo pensare; e di conseguenza, il suo vivere.
Di recente abbiamo avuto modo di immergerci in una lettura coinvolgente e di grande presa: Santi di tutti i giorni, dell’archimandrita russo Tichon (ed. Rubbettino).
Qui non intendiamo fare una recensione di questo libro, ma condividere l’impressione che esso ha lasciato in noi.
Siamo state accompagnate dentro al grande mondo monastico russo, e abbiamo “conosciuto”, in esso, alcune figure meravigliose di monaci, vissuti per la maggior parte al monastero di Pskov (nel nord est della Russia) durante il periodo sovietico, dunque in anni non facili. Meravigliose queste figure, non perché uomini eccezionali, dalle virtù eroiche e sovrumane; ma perché uomini umanissimi, che hanno vissuto con sapienza evangelica la loro umanità: facendo pace, grazie al loro spirito di preghiera coltivato con perseveranza, fiducia e tenacia, con i loro aspetti meno amabili, e diventando così punti di riferimento affidabili per tanta gente semplice che nei difficili anni del comunismo non ha rinunciato alla sua fede.
Indimenticabile l’antipatico Padre Nafanail; simpatico il giovane Padre Rafail, con la sua debolezza per la velocità in macchina; dolce e mistico il Padre Ioann; irascibile il namestnik Padre Gavriil… e si potrebbe continuare. Ognuna di queste figure, descritte nei loro caratteri a volte non facili, nella loro umanità ricca e complessa, fatta anche di limiti e difetti, ci è entrata dentro e ci si è fatta compagna di cammino…
Affascinante questo mondo monastico russo, di antichissima tradizione e che di primo acchito ci appare serioso, anche distante. In realtà abbiamo scoperto essere un mondo ricchissimo e di grande vitalità, dove non manca il senso dell’umorismo e la vicinanza cordialissima all’uomo; dove dietro le lunghe barbe, gli abiti neri e la grande ieraticità si nasconde invece un cuore dolcissimo, di bambino.
Quante affinità abbiamo riscontrato tra la nostra vita di monache cattoliche latine e la loro, di monaci ortodossi!
All’inizio, così esordisce l’autore:
«Correva l’anno 1984. Eravamo cinque novizi. Ancora l’anno precedente credevamo che andassero in monastero solo i fanatici o i falliti senza speranza. E, già, anche le vittime di un amore non corrisposto.
Guardandoci in faccia vedevamo però tutt’altro. Il più giovane aveva diciott’anni, il più vecchio ventisei. (…) La carriera laica di ciascuno di noi prometteva di diventare assai invidiabile per quella gioventù di cui allora facevamo parte.
E quindi, perché eravamo entrati in monastero sperando con tutto il cuore di rimanervi per sempre? Conoscevamo bene la risposta a questa domanda. Perché a ognuno di noi si era svelato un universo splendido, non paragonabile a nient’altro. E questo universo appariva di gran lunga più seducente di quello in cui fino a quel momento avevamo trascorso la nostra breve vita, a suo modo felice.
Di questo mondo splendido, in cui si vive secondo leggi completamente diverse rispetto a quelle della quotidianità, un mondo di luce senza confini, pieno di amore e radiose scoperte, di speranza e felicità, di tribolazioni e vittorie, in cui anche le sconfitte acquisiscono un senso e, cosa importantissima, pervaso dalle possenti manifestazioni della forza e dell’aiuto di Dio, di questo mondo voglio parlare nel mio libro .
Non ho dovuto inventare nulla. Tutto quello che leggerete è accaduto….».
Tra i vari racconti, merita di esserne riportato qui almeno uno.
«Da qualche parte nel cuore della Russia prima della rivoluzione c’era un monastero sul quale nel circondario girava la cattiva nomea che i monaci fossero senza alcuna eccezione fannulloni e ubriaconi. Durante la guerra civile nella cittadina vicina arrivarono i bolscevichi. Radunarono i cittadini sulla piazza del mercato e vi portarono sotto scorta anche i monaci.
Il commissario si rivolse a voce alta al popolo, indicando i religiosi:
– Cittadini, abitanti della città! Tutti voi conoscete meglio di me questi ubriaconi, mangioni e poltroni! Ora il loro potere è giunto alla fine. Ma affinché voi capiate fino in fondo come questi parassiti hanno abbindolato per secoli i lavoratori, posiamo a terra davanti a loro le loro croci e il Vangelo. Ora, davanti ai vostri occhi, ogni monaco calpesti questi strumenti di inganno e asservimento del popolo. E allora noi li libereremo, che si disperdano ai quattro venti.
Qualcuno nella folla scoppiò a ridere.
Ed ecco che tra le grida del popolo si fece avanti l’igumeno, un uomo corpulento dal volto carnoso e gonfio e il naso rosso. Rivolgendosi ai suoi monaci esclamò:
– Beh, fratelli… Siamo vissuti come maiali, almeno moriamo come cristiani!
E non uno dei religiosi si mosse. Quello stesso giorno furono tutti ammazzati a sciabolate».
Una lettura che ci ha fatto bene al cuore…
Commenti(4)
Annamaria Scarnati dice
29 Giugno 2017 alle 18:14Il racconto che viene riportato sul sito è stupendo mi fa riflettere molto sulla fede un dono così grande da spingere all’azione anche nei momenti più difficili e drammatici dell’esistenza. Grazie per le vostre riflessioni e condivisioni.
francesco dice
1 Luglio 2017 alle 8:28Articolo molto bello ed interessante, ci rimette coi piedi per terra, buona domenica francesco
Laura dice
4 Luglio 2017 alle 14:02Bell’articolo che m’invoglia alla lettura del testo citato. Grazie!
Cinzia dice
11 Luglio 2017 alle 14:20Grazie, molto interessante. Mi ricorda qualche passo dei Fratelli Karamazov di F.Dostoevskiy. La Russia sa ancora suggestionare e far riflettere.