Ringraziamo voi tutti che avete partecipato anche a distanza alla Benedizione del Monastero sant’Agostino e che in diversi modi avete manifestato la vostra vicinanza e la vostra amicizia alla nostra Comunità. Continuiamo a camminare insieme! Deo gratias!
Puoi scaricare e leggere: MONASTERO il significato di una presenza
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https://www.avvenire.it/multimedia/pagine/primo-monastero-femminile-agostiniano-in-italia
http://www.famigliacristiana.it/articolo/un-oasi-di-preghiera-nel-cuore-della-calabria.aspx
MONASTERO: IL SIGNIFICATO DI UNA PRESENZA
Con la benedizione il Monastero S. Agostino inizia ufficialmente la sua vita. Potrebbe sembrare, questo, un evento rilevante solo per gli “addetti ai lavori”: monache, consacrati e pochi altri. Al più, lo spazio della festa può trovare interesse e partecipazione; ma poi, quando le luci si spegneranno e passerà il momento di attenzione generale, che cosa rimarrà?
Questa prima domanda apre il varco a una serie di altre domande: che senso ha un monastero? Che senso ha nella mia vita di ogni giorno, di per sé così impellente nei suoi ritmi, così distante nelle sue modalità dalla vita di un monastero? Che importanza ha per me sapere che sulla montagna di Rossano c’è un monastero di monache agostiniane?
Proprio per dare voce a queste domande in cuore a forse più di una persona, abbiamo pensato di scrivere queste righe: per allacciare e proporre una sorta di dialogo con te che leggi.
Cominciamo a rispondere anzitutto precisando una cosa importante: non è il monastero in quanto tale, come costruzione muraria, ad avere un valore; è la vita che il monastero custodisce ad essere preziosa, per tutti. Ma proprio perché va custodita, quella vita necessita di una sorta di “scrigno”: le mura e la costruzione concretissima del monastero.
Sì: un monastero è uno scrigno: un contenitore di beni preziosi, come il silenzio; l’ascolto; lo studio; la fraternità; la preghiera; il pensare e discutere insieme. Beni, ad una considerazione non superficiale, di cui tutti abbiamo sete; beni che tutti desidereremmo, per essere più umani, più compiuti, meno superficiali, meno inconsapevoli.
Ed ecco una prima, bella scoperta: questo scrigno non è solo per qualcuno: è anche per te, fratello, sorella che cerchi per la tua vita ragioni di speranza e di cammino. Per te che non ti arrendi all’aria che tira, trita e ritrita di banalità, ma con umile perseveranza e un pizzico di sana curiosità continui a cercare. Perché sei convinto che nel mondo non esista solo il brutto, il mediocre, il terra-terra, ma anche e soprattutto il bene e il bello, che richiedono, per essere scoperti e gustati, che vi ingaggiamo le nostre energie migliori.
La biblioteca, ambiente indispensabile in un monastero, indica proprio questo lavoro di ricerca a cui tutti siamo chiamati, un lavoro di scavo, per dare forma e consistenza al pensiero, contenuto, orizzonti vasti. I monasteri, lungo i secoli, hanno saputo trattenere il saper pensare, espresso in un’infinità di opere letterarie e filosofiche salvate dalla deriva del tempo e dalle pazze distruzioni degli uomini.
Un altro ambiente tanto importante in un monastero è il chiostro, che dove non è possibile realizzarlo nel concreto, almeno negli intenti è presente: il chiostro è il luogo perché i fratelli o le sorelle che ci vivono possano incontrarsi. Non basta con-vivere per essere una fraternità, occorre imparare ad incontrarsi, mettendo insieme gusti, punti di vista, caratteri, sensibilità diverse. Incontrarsi, verbo stupendo formato da ben tre preposizioni…
Un monastero è pensato, nella sua architettura, come luogo di incontro. Basti pensare al parlatorio, spazio che ha la precisa funzione di prestarsi all’incontro, al dialogo cuore a cuore, all’ascolto. I monasteri, in tempi in cui sembra rarefarsi la disponibilità a dare tempo all’ascolto, ancora si prestano a coltivarlo, ad offrirlo. In questa “zona liminale” del monastero arrivano tutti: giovani, adulti, credenti o non credenti, persone arrabbiate o dolenti, a deporre i loro fardelli, a porre le loro domande, a comporre i frammenti delle loro esistenze.
Un altro ambiente prezioso del monastero è il refettorio. Non semplicemente una mensa, ma un luogo in cui ristorarsi prendendo i pasti insieme, comunitariamente. Si fa la fatica di aspettarsi, di essere puntuali, e di stare a ciò che qualcuno ha preparato per tutti, attraverso un cibo semplice ma curato. I pasti avvengono in parte in silenzio, perché oltre allo stomaco possa nutrirsi anche lo spirito attraverso l’ascolto di letture fatte a turno; in parte conversando, avendo cura che il parlare non scada nel banale ma si mantenga di qualità.
Ed eccoci alla chiesa, o alla cappella, cuore di un monastero. Lì trovi un pozzo d’acqua sempre fresca per la tua sete interiore: la presenza di Dio, che ti si offre amica. Puoi restare lì in silenzio, a contemplarla, ad ascoltarla, semplicemente. Oppure puoi unirti a chi ne canta la bellezza e la grandezza, e insieme l’umilissimo amore, attraverso la sonorità di voci e strumenti: perché abbiamo bisogno di esprimere il nostro grazie alla bellezza eterna di Dio attraverso la piccola bellezza del canto e della lode.
Attingere all’amore di Dio in un dialogo a tu per tu intriso di silenzio, o tramite la partecipazione al canto della lode comunitaria ci riposiziona nella direzione giusta verso l’unità interiore. Ci fa cadere quelle “armi” interiori e quelle barriere che innalziamo contro gli altri; ci fa riscoprire vicini, prossimi, interdipendenti… ci fa ritrovare, in una parola, ciò che veramente siamo.
Ma un monastero, oltre che uno scrigno, è anche un’arca. Un’arca, cioè un guscio per restare a galla in tempi di burrasca. Come fu un guscio di salvezza quell’arca che Noè costruì in piena terraferma, quando in cielo non si intravedeva nemmeno una nuvola. Poteva prestarsi a derisione, quel suo costruire, sembrare anzi pretenzioso e sproporzionato; e invece ci vide giusto. Nel diluvio inesorabile che tutto rischiava di inghiottire, quell’arca restò a galla. Non affondò. E garantì un futuro all’umanità e alla creazione tutta.
Nei diluvi della vita, quando i flutti delle avversità si alzano a tal punto da sembrare insormontabili; quando le correnti di un pensare egocentrico e ridanciano ci attraggono nei loro vortici; quando la rotta del proprio cammino viene smarrita e ci si ritrova soli e delusi, sapere che esiste un’arca che ci offra una via di scampo, fa bene al cuore.
Un monastero vuol essere, umilmente, una piccola arca per te.
Vieni: bussa; frequentalo; domanda; rivolgiti a chi vi abita; ascolta il suo silenzio; godi della sua bellezza. E lasciati portare a Dio, attraverso questa sorta di arca.
È qui proprio per questo.