CONFESSIO – 29 aprile 2020
È stato Agostino a inventarla, ma attenzione: la confessio non è quello spiattellarsi in pubblico senza pudore cui purtroppo tanti programmi trash ci hanno assuefatto, facendo leva sulla nostra curiosità un po’ morbosa, un po’ guardona.
La confessio è un tipo di preghiera. Un modo di approcciarsi alla propria vita, di ripercorrerla, di farne memoria.
Per Agostino la confessio è così importante, che il titolo della sua opera più famosa è proprio: Confessiones. Qui, Agostino ci fa entrare nel suo dialogo con Dio. Tutte le Confessioni infatti non sono che un dialogo ininterrotto con Dio, vita della sua vita. Non un’introspezione solitaria, quindi; non un monologo, e nemmeno un soliloquio; ma un dialogo, nel quale Agostino non ha paura di mostrarsi per quello che è, carico del peso del suo destino mortale, carico anche della testimonianza del suo peccato.
Nella confessio il protagonista è Dio: ciò che lui ha fatto; come lui si è reso presente. Quali interventi della sua grazia hanno segnato la vita. Dare date e nomi: agli incontri; ad eventi particolari vissuti; a persone che si sono affiancate; a poco a poco affiora la memoria anche dei dettagli.
È un atto di umiltà confessare la lode di Dio, rivolgersi a lui dicendogli: «Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio», così come è un atto di umiltà accusare il proprio peccato.
Lasciamoci prendere per mano da Agostino nell’arte della confessio, scrivendo anche noi, come lui, le nostre “Confessioni”: scopriremo quale meraviglioso ricamo il Signore ha saputo trarre dai punti aggrovigliati della nostra esistenza.