D’accordo, non è la prima parola che può venire in mente davanti a questa foto. Però, proviamo a guardarla per almeno dieci secondi. Magari possiamo anche immaginarci nei panni di quella figura minuscola, là in fondo, accovacciata e pensosa: chi è? Che sta facendo? Che sia una monaca?
Oltranza. Richiamo a un oltre, che c’è, non può non esserci, in ogni situazione, anche la più chiusa.
Oltranza. Ma non si dà subito, non è immediata. Occorre fermarsi per comprenderla. Occorre pregare. Oltranza. Sì, c’è un oltre, sempre. A ogni delusione. A ogni cosa sofferta. C’è l’oltre di Dio.
A quell’oltre immenso può rispondere, piccolo ma non trascurabile, il nostro oltre, che si chiama allora, oltranza.
Proviamo a pensare.
Sperare ad oltranza. Cioè, fino ad un oltre che scavalchi fatiche e battute d’arresto. Paure, delusioni e sconfitte.
E possiamo continuare: attendere ad oltranza. Contro ogni ritardo, contro ogni pensiero che tanto nulla cambierà. Attendere ad oltranza.
Ancora: perdonare ad oltranza, nell’incrollabile certezza che ogni ricucitura in nome del perdono non è mai vana, ma anzi, capace di dare vita a qualcosa di bello e di nuovo; di più umano: creativa, in una parola.
E infine, il più importante: amare ad oltranza. Perché sarebbe facile ad un certo punto, di fronte a certe ferite, fermarsi e dire: “ora ne ho abbastanza”. Ma l’amore sa andare oltre anche quell’amaro che ti può assalire.
Amare ad oltranza.
Ogni tanto, concediamoci una sosta per ritrovare l’oltranza.
***
Ti ricordiamo il link per sostenere il Progetto di parco giardino al Monastero Sant’Agostino: https://www.forfunding.intesasanpaolo.com/DonationPlatform-ISP/nav/progetto/Monache-Agostiniane-Rossano-progetto-parco-giardino
Commento
Giuseppe dice
27 Settembre 2021 alle 18:23Carissime sorelle, come sempre grazie per le vostre parole che hanno come valore le idee positive che contengono.
Non voglio scrivere un commento, ma lasciarlo a Richard Bach con un piccolo passo tratto dal suo libro “Il gabbiano Jonathan Livingston”.
Eccolo:
… Jonathan chiede:
“Dimmi Sullivan, perché siamo così pochi qui? Sai da dove vengo io, di gabbiani ce n’erano…”
… e Sullivan risponde:
” …a migliaia e migliaia, lo so. Cosa vuoi che ti dica? Mi sa tanto che tu, Jonathan, sei un uccello come se ne trova uno su un milione.
Noialtri passavamo da un mondo all’altro, ognuno quasi uguale al precedente, e subito ci si scordava da dove venivamo e dove fossimo diretti.
Prima di capire che c’è qualcos’altro che conta, oltre al mangiare, al beccarci, qualcos’altro oltre alla legge dello stormo, sono dovute passare mille, diecimila vite. E dopo questo primo barlume sono dovute trascorrere altre cento vite per capire che c’è una cosa chiamata perfezione e per adeguarci ad essa.
Ecco cos’è lo scopo della vita: adeguarsi a questo ideale di perfezione.
Adesso, finalmente, scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che apprendiamo in questo.
Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima.”
Buon proseguimento!