Sincero, tenero, speciale, devoto, profondo, intenso. E si potrebbe proseguire. Gli aggettivi che accompagnano l’affetto, a chiusura di lettere, mail, messaggio di vario tipo, sono tanti e variegati. Più spesso si ricorre al consueto: “Con affetto”, e ormai è quasi un cliché, un pro forma.
In realtà, dire “affetto” è già dichiararsi: non resto insensibile, non mi sei indifferente. La tua presenza mi lascia un’impronta nel cuore, e desidero che ciò accada anche in te.
L’affetto non è una guarnizione di panna montata per ricoprire ogni genere di situazioni. È semmai la radice buona che sostiene ogni tipo di atto: dalla carezza al rimprovero.
La vita si sviluppa e cresce solo in un contesto di calore affettuoso. Lo riconosciamo, come per un intuito che sa cogliere anche il non detto, il non espresso: perché l’affetto è questione di fiducia, oltre che di cuore.
Il nostro primordiale mezzo di trasporto è proprio l’affetto: con esso ci muoviamo verso l’altro, ma non solo: i piedi con cui andiamo verso Dio sono gli affetti del cuore, ci ricorda S. Agostino (cf Esp. Sal 121, 11).
Commento
Eugenio Nastasi dice
14 Febbraio 2022 alle 10:54La parola di oggi pare un abbrivo di barca che tenta l’alto mare, non è navigazione vera ma è un procedere lento e sicuro, un accostarsi alla vastità e profondità della grande strada azzurra, come recitava il titolo di un film di tanti anni fa. Detto del campo emotivo, affetto è già bisogno di prossimità, assaggio di tenerezza e voglia di scambio, di confidenza: dunque non è amore ma è già desiderio di offerta di sé per amicizia. Nel rapporto con gli altri il sentiero più intimo e sincero, la chiusa di un messaggio che già impegna un rapporto: con affetto, tuo….ecc. Provare affetto per Dio è chiedere un appuntamento di simpatia, la foce sicura di un torrente già pronto verso un’immensa trasparenza d’amore.