Le grotte degli eremiti: lì anticamente i nostri fratelli monaci consumavano le loro esistenze, in una vita nascosta agli occhi degli uomini. Dall’Eremo delle nostre origini, Lecceto di Siena, le grotte distano solo pochi passi, un breve pellegrinaggio attraverso arbusti del sottobosco e massi sporgenti dal suolo.

Orme di zoccoli ferrati, impresse nel fango di piogge recenti, ci hanno segnalato il passaggio di cavalli, prima di noi.

Nell’impasto molle della terra acquosa quelle orme restavano nitide, evidenti, calcate in profondità.

Nell’impasto fangoso della nostra umanità anche l’umile Gesù ha impresso, profonde, le sue orme.

Ce lo ricorda S. Pietro nella sua Lettera:

Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme:

egli non commise peccato
e non si trovò inganno sulla sua bocca;
insultato, non rispondeva con insulti,
maltrattato, non minacciava vendetta,
ma si affidava a colui
che giudica con giustizia.

Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce,
perché, non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti.

Eravate erranti come pecore,
ma ora siete stati ricondotti
al pastore e custode delle vostre anime.

1Pt 2, 21-25

No alla menzogna. No alla violenza. No alla vendetta.

Sì alla purezza del cuore. Sì alla mitezza che si affida e che continua a bene-dire. Sì alla fiducia nel Padre.

Come un creare a cui vien posto mano, qualcosa di sorprendentemente nuovo ci è dato di esprimere, proprio in virtù di quelle orme che non restano esterne a noi, ma sono impresse dentro di noi.

Foto: le grotte degli eremiti agostiniani nei pressi dell’Eremo di Lecceto (Siena); impronte di zoccoli di cavallo.