Chissà come hanno fatto ad entrarci nel cuore; si sono fermate laggiù in fondo e non hanno tanta voglia di andarsene…
Le catene non sono solo quelle di ferro; forse la loro forma più diffusa consiste in tutti quei nodi e avviluppamenti che, spesso senza nemmeno rendercene conto, ci pesano dentro. E da lì esercitano su di noi tutta la loro violenza costrittiva.
Ci può accadere, ad esempio, di ritrovarci presi dalle catene della rabbia, e non sappiamo come divincolarci; oppure, sentirci preda delle catene del risentimento che ricorda per il male un dolore patito.
Le catene della paura.
Della non verità.
Della tristezza senza misericordia per se stessi, prima che per gli altri.
In questi giorni che ci conducono al tempo di Avvento, la Liturgia della Parola ci presenta, nei testi dell’Apocalisse, l’azione dell’Agnello. Dopo tanti nomi con cui lungo tutta la Scrittura si parla di Gesù (leone, germoglio, servo), rimane e risplende questa unica immagine: Gesù-Agnello. Dunque mite, remissivo, si potrebbe anche essere tentati di dire: debole. Cosa può fare un agnello? Di quale azione di potenza può mai essere capace? Il pensiero che sotto sotto ci abita è, infatti, che per catene pesanti occorra un’azione di forza, di quelle che spezzino e spacchino, spazzino via in modo eclatante e trionfale.
Il libro dell’Apocalisse si muove in forte controtendenza rispetto ai nostri umani pensieri: ci presenta Gesù come agnello che si è lasciato aprire nel suo corpo per versare il suo sangue, onda di vita: è questo suo sangue che ha la forza di sciogliere le catene. Anche quelle più contorte, tenaci e rugginose. Anche quelle interiori, di cui magari non siamo tanto consapevoli. E sono forse le più dure.
Agostino dal suo cuore trae parole struggenti per cantare all’umile Gesù tutta la sua gratitudine: per anni e anni era stato prigioniero delle catene del vuoto e dell’illusione. Inconsistenza e vacuità: terribili catene! Finalmente, all’età di trentatré anni, per grazia di Dio vive la sua conversione, e dalle catene del peccato passa alla libera servitù di Cristo. Nasce l’uomo nuovo Agostino, libero di vivere per l’umile Gesù a servizio dei fratelli:
«O Signore, io sono servo tuo, servo tuo e figlio dell’ancella tua. Hai spezzato le mie catene: ti offrirò un sacrificio di lode. Canterò le tue lodi col cuore e con la lingua, e grideranno tutte le mie ossa: chi è come te, Signore? Parlino, e tu rispondi e di’ a quest’anima: “La tua salvezza sono io!”». (Conf. 9,1,1)
Tutti questi pensieri ci sono stati in buona parte suggeriti dalle lunghe e pesanti catene di ferro, esposte come ex voto nella Chiesa della Madonna Liberatrice retta dai nostri Confratelli Agostiniani a Viterbo. Impressionanti: catene dei prigionieri dei secoli passati, costretti sotto dominazioni straniere, schiavizzati, umiliati, torturati. Ma alla fine liberati.
Foto: particolare degli ex voto alla Madonna Liberatrice; Viterbo, Chiesa agostiniana della SS.ma Trinità.